L'anno in cui ho smesso di leggere - Letterina #01
QUATTRO CONSIGLI DI LETTURA, UN PROBLEMA DI TRADUZIONE E UNO SPOILER FEAT.
Ciao,
ecco la prima letterina di Tradurama. Dentro ci sono:
· quattro consigli di lettura,
· un problema di traduzione,
· la presentazione del primo Tradurama FEAT.
Ma andiamo con ordine.
L’anno in cui ho (quasi) smesso di leggere
Nel 2024 ho letto poco e niente. All’inizio, pensavo fosse un banalissimo blocco (un problema che mi affligge più o meno da sempre, ciclicamente) ma col passare dei mesi ho cominciato a sentirmi frustrata perché avrei tanto voluto mettermi lì, con un libro in mano, per staccare la spina, e non ci riuscivo. Ho dato la colpa ai libri (non sono io, siete voi, perché siete brutti), quindi ho cercato di rifugiarmi nelle riletture (tu, che sei stato un libro del cuore, aiutami a sbloccarmi), senza successo. Ho iniziato decine di libri, tutti abbandonati dopo pochissime pagine, finché non ho scoperto che non riuscivo (più) a leggere perché non ci vedevo (più) bene – presbiopia, un problema di noi non (più) giovanissime. Alla fine dell’anno, con l’aiuto di un paio di occhiali, sono riuscita a finire qualche libro.
Siamo quello che leggiamo o leggiamo quello che siamo?
Ho cominciato a leggere per caso, o forse per noia. Avevo dieci anni, una gamba rotta e un mese intero da riempire in qualche modo. L’ho riempito con i libri. La gamba poi è guarita, la reclusione forzata è finita, ma i libri sono rimasti. Certo, c’è stata un’evoluzione: dai classici per l’infanzia, agli imprescindibili dell’adolescenza, alle letture imposte dalla scuola, finché piano piano non ho cominciato a sviluppare i miei gusti personali. Che, com’è ovvio, nel tempo sono cambiati, come sono cambiata io. Quello che mi faceva impazzire trenta, venti o dieci anni fa, forse oggi mi farebbe orrore, o mi lascerebbe tiepida – non tutto magari, eh, però qualcosa sì, di sicuro. E questa considerazione mi porta a pensare che non siamo quello che leggiamo, ma leggiamo (con piacere) quello che siamo.
Quattro consigli di lettura
Quello che leggiamo, credo, dice tanto di noi. Perciò in questa prima letterina di Tradurama ho deciso di consigliare solo ed esclusivamente libri che ho amato molto e letto abbastanza di recente, così potrete farvi un’idea di chi è chi vi sta scrivendo.
· Penance di Eliza Clark
(in italiano: La penitenza, tradotto da Francesca Manfredi per Bollati Boringhieri)
Un tour de force, costruzione narrativa impeccabile, stilisticamente una bomba.
· If an Egyptian Cannot Speak English di Noor Naga
(in italiano: Come dividere una pesca, tradotto da Francesca Pe’ per Feltrinelli)
Ti irretisce fin dalla prima pagina e man mano che vai avanti ti stritola e quasi ti soffoca.
· Open Throat di Henry Hoke
(in italiano: Alla gola, tradotto da Valentina Maini per Mercurio)
Sperimentale, poetico, a tratti esilarante, a tratti commovente.
· Sterling Karat Gold di Isabel Waidner
(in italiano, purtroppo, non è ancora uscito e non so se uscirà mai. sì, lo so, è un libro stranissimo. sì, lo so, venderebbe tre copie – o forse no?)
Una satira allucinata (ma lucidissima) della società britannica (e non solo) contemporanea. ALT-LIT AT ITS BEST.
Nota: Consiglio il libro che ho letto, quindi in originale se l’ho letto in originale e in traduzione se l’ho letto in traduzione. Se l’ho letto in originale ma esiste una traduzione italiana lo segnalo.
Un problema di traduzione
Estate, duemila gradi all’ombra. Finché non finisci questa traduzione, non vai in ferie, pensi. Dai, che manca poco, ti dici. Dai, che a occhio e croce ti restano le ultime quaranta cartelle, ti dici. Dai, che se sei arrivata fino a qui, il peggio te lo sei lasciata alle spalle, ti illudi. E poi:
My father is experiencing hospital delirium. Sometimes he thinks he’s on Venice Beach. Or in his childhood bedroom. Or he confuses words based on what we say (i.e., one time I said to him, “I know you’re tired of hearing us say we love you, but tough tiddlywinks” and moments later he said, “Where is the tiddlywinks letter?” to which I said, “There is no tiddlywinks letter,” and he looked at me like I was an idiot and said, “Bring me the TIDDLYWINKS letter!” and wouldn’t let it go until I said, “Oh, the TIDDLYWINKS letter! Right. I’m bringing it tomorrow.”). He won’t let it rest until I cosign his version of reality. So I’ve started playing along, because it seems to give him more peace than when I correct him. But I’m wondering, is this a bad thing to do?
Che cosa vuol dire tiddlywinks tanto per cominciare? Ah, ok, è il gioco delle pulci (grazie Cambridge Dictionary, grazie Wikipedia). Vabbè, e quindi? Mi devo inventare qualcosa, perché è vero che in inglese non significa niente (non a caso, siamo nell’ambito delle farneticazioni), ma fa ridere. Tiddlywinks è una parola buffa e potrebbe anche sembrare un nome proprio. Portami la lettera di Tiddlywinks, tipo. Ovviamente con il gioco delle pulci non funziona. Portami la lettera del gioco delle pulci? WTF?!? Portami la lettera della pulce? Bah. Tutt’al più la lettera di (dello?) Scarabeo. E poi c’è un dettaglio che non posso trascurare: quel tough twiddlywinks che fa da gancio e che, ahimè, col gioco delle pulci non c’entra un tubo, visto che è un eufemismo per l’espressione tough titty, che vuol dire grossomodo: che peccato, quanto mi dispiace –ironicamente – o anche ben ti sta, fattene una ragione – meno ironicamente. Quindi devo trovare qualcosa che in italiano possa tradurre, almeno per grandi linee, tough titty, anzi tough twiddlywinks, e che al tempo stesso faccia da gancio per il nonsense divertente che viene dopo.
Mio padre è in preda a un delirio ospedaliero. A volte crede di essere a Venice Beach. O nella sua cameretta d’infanzia. Oppure, a seconda di quello che diciamo, capisce fischi per fiaschi (es.: una volta gli ho detto: «Lo so che sei stufo di sentirci ripetere che ti vogliamo bene, ma devi armarti di santa pazienza», e poco dopo mi ha chiesto: «Dove sono le lettere di Santa Pazienza?», al che ho risposto: «Non esistono le lettere di Santa Pazienza» e lui mi ha guardata come se fossi un’imbecille e ha detto: «Portami le lettere di SANTA PAZIENZA!» e non si è arreso finché non gli ho risposto: «Ah, le lettere di SANTA PAZIENZA! Certo. Domani te le porto». Non si arrende finché non confermo la sua versione della realtà. Perciò ho cominciato ad assecondarlo, perché così si tranquillizza, diversamente da quando lo correggo. Ma mi chiedo: sbaglio a comportarmi così?
Bene, mi sembra che funzioni. Armarsi di santa pazienza è una bella espressione e ci può stare, e poi funziona anche con le lettere, e io già mi immagino un fantomatico epistolario di Santa Pazienza. Dai, ancora una quarantina di cartelle (non le quaranta cartelle più facili del mondo) e si va in ferie.
[Il brano è tratto da Death Valley di Melissa Broder che uscirà ad aprile per NN.]
Di traduzione non si parla abbastanza o se ne parla male?
Il mio è uno strano lavoro, un lavoro di cui si sa poco – forse perché non se ne parla abbastanza oppure perché spesso se ne parla male – ma che suscita sempre una certa curiosità. Per questo motivo, coinvolgendo alcune colleghe, ho deciso di lanciare Tradurama FEAT.
Tradurama FEAT.
Una volta al mese, inviterò una traduttrice a presentare un libro a cui ha lavorato. Parleremo, come si fa di solito quando si presentano i libri, di storia, personaggi, temi, ma anche e soprattutto di voce, stile, e naturalmente di traduzione.
Ci vedremo (nel vero senso della parola) su Zoom e passeremo insieme un’oretta. Ascolteremo, domanderemo, commenteremo. Uso il plurale perché spero siano incontri partecipati e interattivi.
La prima ospite di Tradurama FEAT. sarà Ada Arduini (traduttrice, tra gli altri, di Liz Moore, Hernan Diaz, Catherine Dunne) che ci racconterà Margo ha problemi di soldi di Rufi Thorpe, pubblicato in Italia da Bollati Boringhieri. L’appuntamento, per chi vorrà, è il 12/02 alle 18h30.
Per info e iscrizioni (il costo è 5€): feat@tradurama.it
Buone letture e al mese prossimo con una nuova letterina!
Mi piace “santa pazienza”, o anche “porta pazienza”.
Se mi sentissi coraggiosa, “tough tiddlywinks” lo tradurrei come “mannaggia ai sorcetti”, che è un adattamento un po’ creativo, ma il tono è più o meno lo stesso. E il padre potrebbe poi chiedere “le lettere dei sorcetti”, mantenendo il tono giocoso e tenero. Buona fortuna!
In napoletano usiamo l’espressione TIRITITTITÌ come rafforzativo, o anche sostituto di “me ne frego”, che se non fosse stata un’espressione puramente nostrana, avrebbe potuto funzionare :)